LE PIANTE
Il clima della nostra zona è abbastanza mite e permette la crescita di numerose specie vegetali. Nella fascia più bassa che va dai 200 m slm circa fino ai 500 m troviamo nei boschi il carpino nero, la roverella, il frassino orniello, l’ acero campestre , l’olmo, il pioppo. Più in alto fino ai 900 m abbondano il castagno, il tiglio, il sorbo montano, il maggiociondolo, il faggio, l’acero montano pseudo platano. Fra gli arbusti: il corniolo, il nocciolo, il viburno lantana, la dafne mezereum (fior di stecco), lo scotano, il sorbo, il ginepro e la rosa canina.
Flora Locale e usi in Erboristeria, Medicina e Cucina
Nei prati della nostra media e alta collina fino ai pascoli di Campofontana, Selva di Progno e Giazza crescono miriadi di varietà di fiori e di piante officinali, oggetto di raccolta e utilizzo già dai tempi remoti e di cui si conserva la tradizione e la memoria soprattutto nel territorio di Sprea. Qui il parroco curava le persone con le erbe medicinali del posto, la conoscenza e la preparazione lo avevano fatto ritenere un vero e proprio taumaturgo, a tal punto che ricorrevano alle sue cure anche illustri personaggi provenienti da ogni dove.
Erba trinità (Hepatica nobilis)
L’erba trinità cresce nei boschi e nelle radure delle nostre zone collinari. Assieme alle primule riempie di colore i boschi ancora secchi dall’ inverno ed annuncia l’arrivo prossimo della primavera. La pianta contiene degli alcaloidi tossici che vengono eliminati con l’essiccazione.
Nell’antica Grecia era dedicata a Zeus e simboleggiava il fuoco e l’amore. Il nome di erba trinità deriva dalla forma delle foglie a tre lobi che ricordano la SS.Trinità. Il termine “Hepatica” è dovuto al colore rosso violaceo della parte inferiore della foglia che ricorda quello del fegato. Per ottenere un infuso di erba trinità occorre utilizzare sia i fiori che le foglie che si mettono a riposare in acqua fredda per circa 8 ore. Prendendone una tazza al giorno si curano la bronchite cronica, la congestione del fegato, i problemi della cistifellea, i disturbi ai reni e i primi sintomi dell’influenza invernale. Lasciata macerare secca nell’acquavite si ottiene la tintura di erba trinità che serve a curare i disturbi al fegato, alla cistifellea e ai reni.
Viene utilizzata in compresse, in omeopatia, per curare la bronchite cronica e disturbi al fegato. Notevoli sono i rimedi apportati da molte erbe, comunissime nei nostri prati e se ne è fatto largo uso in passato per le cure nella medicina tradizionale. E’ bene ricordare che al giorno d’oggi se ne fa uso assolutamente solo dopo consiglio di un esperto.
Primule (Primula vulgaris)
Contengono oli essenziali insieme a flavonoidi, carotenoidi e saponina. Le radici contengono zuccheri. Hanno proprietà antispasmodiche (attenuano gli spasmi muscolari e rilassano il sistema nervoso), calmanti (agiscono sul sistema nervoso diminuendo l'irritabilità e favoriscono il sonno), diuretiche (facilitano il rilascio dell'urina), lassative (ha proprietà purgative), pettorali e sudorifere (agevolano la traspirazione e favoriscono la sudorazione). Nel passato si usavano contro l'emicrania e i reumatismi. Parti usate: fiori, foglie e rizoma.
Prima della fioritura le foglioline possono essere mangiate cotte o crude, con i fiori si può guarnire un’insalata, preparare della marmellata ed il rizoma può essere utilizzato per aromatizzare la birra.
Pulmonaria (Pulmonaria officinalis)
Appartiene alla famiglia delle Boraginacee. Ha i fiori con una corolla a imbuto con petali di colore rosa, blu o violetto, sullo stesso stelo. La presenza di pigmenti colorati fa cambiare il ph e Il colore dei fiori muta in poco tempo.
E’ una pianta officinale ricca di mucillagine, tannini, sali minerali, saponine e contiene vitamine soprattutto A e C. In fitoterapia, per le sue proprietà diuretiche, emollienti, toniche, espettoranti, lenitive, astringenti e sudorifere viene utilizzata per la cura di infezioni bronchiali, del mal di gola, del raffreddore e delle malattie di stagione. E’ efficace anche contro le emorroidi, le screpolature della cute e per la cura dei geloni.
E’ chiamata anche Pulmonaria maggiore, Borragine selvatica, Salvia di Gerusalemme. Le giovani foglie sono molto gradevoli per contorni e ripieni, mentre i fiori, con il loro aspetto delicato sono perfetti per guarnire qualsiasi piatto.
Il decotto di fiori della Polmonaria può essere utilizzato anche per tingere di giallo-verde cotone e lana.
Anemoides nemorosa
Il nome del fiore deriva da “anemos” che in greco significa vento e “nemus” che in latino vuol dire bosco. Infatti i petali di questo fragile fiore si scuotono al minimo soffio di vento. Sono fiori che, all’ inizio della primavera, riempiono di tappeti bianchi il sottobosco delle nostre colline dai 500 agli 800 metri di quota.
Eritronio Dente di cane (Erythronium grandi forum)
Il nome del genere (Erythronium) è dovuto al colore dei fiori che in qualche specie è rosso-ciclamino (Erythros=rosso). Appartiene alla famiglia delle Liliacee, ha i petali rovesciati come i ciclamini anche se questi ultimi appartengono della famiglia delle Primulacee.
In alcune località queste piante vengono utilizzate in cucina. Il bulbo è commestibile, essiccato e macinato dà farina e le foglie possono essere consumate sia crude che cotte.
Bucaneve (Glanthus nivalis)
I fiori del bucaneve sono fra i primi che compaiono già a fine inverno e ci ricordano la transizione dal periodo buio dell’inverno alla primavera. Il suo candore indica la purezza ed il verde delle sue foglie la speranza per la vita futura. Indica anche virtù e simpatia anche se in passato è stato considerato come fiore di cattivo presagio.
Campanellino (Leucojum vernum)
Il Campanellino o Leucojum vernum è una pianta perenne bulbosa, della famiglia delle amarillidacee, la stessa dei bucaneve. I campanellini creano vaste macchie bianche di luce nel bosco. I fiori sono di colore bianco, con macchioline verde-giallo all’apice e rivolti verso il basso. La pianta è velenosa.
Ciclamino (Cyclamen)
Il ciclamino (nome scientifico Cyclamen) appartiene alla famiglia delle Primulacee. Nella medicina popolare il ciclamino era utilizzato per regolare il flusso mestruale, per eliminare i vermi intestinali, come purgante e si credeva che avesse proprietà abortive. L’ uso richiede molta attenzione perché le radici sono tossiche. Da non usare mai in cucina.
Fior di strecco (Dafne mezereum)
l genere Daphne (o Dafne) conta circa una settantina di specie fra piante erbacee e arbusti. Viene chiamata anche fior di stecco perché i fiori di un bel rosa carico, crescono sui fusti prima spuntino le foglie. I fiori sono molto profumati. In seguito spuntano delle foglioline allungate di un bel verde brillante d in seguito compaiono i frutti, piccole drupe di colore roso intenso che sono velenose.
Peonia (Paeonia suffruticosa)
E’ uno dei fiori più spettacolari della nostra zona. Arriva a 70 cm di altezza ed il fiore di color rosa porpora può superare i 10 cm. Pianta tossica, ma è stata utilizzata in passato come antiepilettica, come sedativo, come calmante della tosse canina.
Giglio di san Giovanni (Lilium Bulbiferum)
Pianta protetta, da non raccogliere né il fiore, né il bulbo. Cresce abbondante sui pascoli di Campofontana. Le foglie che crescono lungo lo stelo sono, alterne, lanceolate e con nervature molto evidenti. Sono di un verde intenso e scuro e si distinguono nell’erba. Il colore del fiore è arancione, punteggiato di nero. Fiorisce a maggio e nel fiore si forma una capsula che contiene i semi.
Il Giglio Martagone (o riccio di dama) Lilium Martagon
In greco giglio era leirion. Il nome specifico deriva dallo spagnolo martagón, preso dal turco martagan (turbante) per la forma del fiore. I fiori sono di colore rosa violetta con macchioline scure. Può superare il metro di altezza e su un unico stelo si possono contare anche una ventina di fiori. In genere però supera di poco i 50 cm. con 3-5fiori. I tepali sono sei, lanceolati, arricciati verso l'esterno. Gli stami sono sei, molto sporgenti dai tepali, con piccoli filamenti rossi e lunghe antere di colore rosso carminio. Fiorisce fra tra giugno e agosto. I frutti sono capsule contenenti tantissimi semini che maturano fra settembre e ottobre.
Iris (giaggiolo)
La coltivazione si effettuava sui pendii calcarei del versante occidentale della Val d’Alpone che nell’attiguo della Val d’Illasi, a Badia Calavene e Sant’Andrea, fino a Campiano e a Cazzano di Tramigna. L’attività agricola prevalente si basava sulla coltivazione del grano, del mais, c’erano gelsi, ciliegi e qualche filare di viti. Ma sul terreno ghiaioso o ciottoloso costituito dalla scaglia rossa, dal biancone e dai tufi vulcanici, la gente del luogo si è accorta che l’iris trovava il suo ambiente ideale. Quasi tutte le famiglie arrotondavano il loro bilancio coltivando questo fiore. Veniva messo a dimora in autunno e si raccoglievano i rizomi dopo tre anni in estate. Si pulivano a mano, togliendo radici e buccia e poi infilati in grandi collane fatte con fili di canapa, appesi alle travi del fienile o del portico, esposti ai raggi del sole e all’aria per almeno due tre mesi. Solo dopo l’essicazione erano commerciabili.
Si conservava il germoglio che, una volta interrato, dopo tre anni avrebbe dato nuovi rizomi. Era utilizzato nell’ industria cosmetica, per la produzione di ciprie, creme di bellezza, per profumare la biancheria, e anche nell’industria degli alcolici come base per diversi tipi di liquore e per dare profumo ai vini. Si racconta che i migliori fossero quelli coltivati sui terrazzi del Monte San Pietro, sopra Badia Calavena, ma altri assicurano che, come qualità, non potevano competere con quelli di San Giovanni , di Sant’Andrea, di Campiano. Questa pratica agricola ha avuto la sua massima espansione negli ultimi decenni del secolo scorso. Nel 1992 il prezzo ha toccato 25.000 £ per un Kg. Poi la richiesta è crollata data la concorrenza straniera, solo pochi hanno continuato questa pratica agricola.
Qualcuno però, puntando sulla qualità che il terreno permette, sta riprendendo a coltivare l’iris. Auspichiamo pertanto che i discendenti del “Luco” Ettore Lucchi, lo storico commerciante di Badia Calavena riprendano a trattare questo prodotto che abbellisce , come la lavanda nelle colline della Provenza, i pendii delle nostre colline e possa ancora contribuire all’arrotondamento delle finanze familiari.
Pelàr gadòi
di Livio Merzari
(nativo di Tregnago, ma trasferitosi a San Martino Buonalbergo)
I nostri veci par tirar ’vanti,
par poder tirar su i fiòi,
de laori i ghe nà proà tanti,
i ga anca pelà gadòi.
No gera laòri gran pesanti,
lo faséa le done, i veci, i buteleti,
ma un mestier da mendicanti,
s’el fasea parchè s’era costreti.
Pelar, pelar sensa pretese,
seitar pelar co sto vecio cortelo,
miseri guadagni, ma no gh’era spese,
ore e ore senté sul scagnelo.
Ci pela, ci infila, ci taca ia,
par tuta istà sempre de coela,
o in barchessa, o ‘n corte a l’ombria,
gadoi tachè ai trai, gadoi tachè a la tirela.
Laori de miseria, noiosi, pegri,
i omeni in giro col derlo e ‘l sapon,
cavarli pa’ le marògne, pa i vegri,
e rimpiantarli in ogni canton.
LA FAUNA
Partendo sempre dalla fascia più bassa, la fauna presente è così distinta: Mammiferi: riccio, ghiro, tasso, lepre, donnola, faina, istrice, volpe, scoiattolo, capriolo, cervo, cinghiale.
Uccelli: rondini, tordi, passeri, allodole, fagiani, fringuelli, merli, cardellini, cornacchie, ghiandaie, colombacci, beccaccia, picchio verde, cinciallegre, aironi, garzette.
Tra i rapaci: poiane, falchi, allocchi, civette, gufi e nei dirupi sopra Giazza nidifica l’aquila reale, che si vede spesso volteggiare sopra i pascoli di Campofontana.
Nei pressi delle pozze vivono bisce d’acqua, tritoni, rane e poi salamandre.
Si possono anche incontrare il colubro nero (biacco) e il colubro verde (saettone), la vipera (l’unica che è velenosa) e poi lucertole, ramarri, orbettini.